Nine Layers of Sky è stato pubblicato nel 2003 dalla Bantam Books e nel 2004 dalla Tor. E' stato il primo romanzo che ho letto di Liz Williams, e per me ha un sapore tutto particolare perché si muove, in parte, in un territorio che conosco abbastanza bene (dopo averci scritto due tesi, una di laurea e l'altra di dottorato): il mondo incredibile del folklore e delle leggende russe. Liz Williams ha vissuto per un po' in Asia centrale, e immagino che sia stata letteralmente ammaliata dalla ricchezza delle credenze e delle leggende di quei luoghi. Ma da acuta osservatrice qual è, è stata anche in grado di cogliere la realtà spesso non facile di quei luoghi dietro gli sguardi delle persone. Tutto questo è palpabile in questo libro.
Liz, come mai hai vissuto per un certo periodo in Asia Centrale?
L.W.: Non ho vissuto lì molto, solo alcuni mesi nel 1997, ma ci sono tornata spesso perché la mia società doveva ingaggiare delle agenzie educative e gestire un programma di inserimento accademico per il Ministero dell'Istruzione del Kazakhstan.
L'idea di questo libro ti è venuta mentre eri lì o in seguito?
L.W.: Che mi ricordi, l'idea mi è venuta lì: il capitolo iniziale, con quelle persone morte di freddo nel traffico, narra di un accadimento avvenuto a un mio conoscente.-
La storia si snoda attraverso tre piani narrativi contemporanei destinati a convergere.
Quello principale vede la protagonista, Elena Irinovna, astrofisica russa formatasi nei programmi spaziali sovietici. Ci troviamo a ridosso del crollo dell’Unione sovietica, e la protagonista vive tutte le difficoltà del momento: si trova ora in Kazakhstan e cerca di sbarcare il lunario lavorando come addetta alle pulizie negli uffici, sognando di mettere da parte più soldi possibili per poter finalmente raggiungere il Canada insieme alla sorella e alla madre.
Il libro si apre con il ritrovamento, da parte di Elena, di un oggetto misterioso, una bizzarra sfera che parrebbe di metallo, e che reagisce al calore. Elena, in quanto scienziato, è terribilmente affascinata dall’oggetto, ma ne è al contempo spaventata, ben consapevole di quanti oggetti radioattivi circolino liberamente. Ad ogni modo, vede la sfera anche come una possibile fonte di rapido guadagno. L’oggetto misterioso è chiaramente di grande interesse anche per altri personaggi, che a poco a poco, ci vengono presentati, attraverso una tecnica narrativa “a strati”, una polifonia che rende intrigante la lettura e che non crea affatto smarrimento nel lettore.
Il secondo filone narrativo è portato avanti da un incredibile personaggio, Ilya Muromyets, l’eroe delle byliny russe, possente bogatyr’, ovvero guerriero.
Questo, devo ammettere, è l’aspetto che più mi ha colpita: il far rivivere un personaggio come Ilya Muromyets (e non solo lui, anche Manas, l’eroe dell’epos kirghiso) in un’ambientazione assolutamente “estranea”, e mantenerne l’aspetto grandioso, moralmente elevato, seppur schiavo della droga. Desidera morire e non ci riesce. Causa della sua immortalità sono le rusalke, gli spiriti dell’acqua del folklore russo, che hanno gettato questa maledizione (come pensiamo all’inizio…) su di lui e che appaiono per curarlo con i loro baci terrificanti ogni qual volta Ilya è sul punto di morire.
Cosa ti ha spinto a scegliere Ilya Muromyets come co-protagonista del tuo libro?
L.W.: Era nel Larousse Book of Mythology, che avevo quando ero piccola. E' rimasto impresso nei miei ricordi.-
Le strade dei due protagonisti si incrociano quando un uomo, Kovalin, che sembra sapere tutto su Ilya e le rusalke, fa visita all’eroe. Il suo ordine desidera arruolare Ilya per recuperare qualcosa… una piccola sfera di tremenda importanza per le rusalke: l’oggetto consente infatti l’accesso al loro mondo. In cambio sono pronti a offrire a Ilya ciò che più desidera: la morte vera.
L’incontro tra i due protagonisti, Elena e Ilya, li spinge a un pericoloso viaggio e a un’inaspettata storia d’amore.
C’è ancora un altro piano narrativo, che occupa principalmente gli interludi finali dei capitoli, e che vede per protagonista Shadia Anikova, colonnello del Comando Centrale di quella che appare subito al lettore come un’altra dimensione, Byelovodye. Anche il colonnello Anikova sta cercando l’oggetto misterioso, insieme alla sua squadra, di cui fa parte un Mechvor, creatura in grado di captare i sogni e i pensieri degli umani. L’autrice ci introduce a poco a poco in questo mondo a volte familiare, con la sua architettura di stampo sovietico, a volte così remoto, e allo stesso tempo steampunk, in cui dirigibili armati inseguono dall’alto tribù di nomadi a cavallo, guidati da shamani. Man mano che la narrazione scorre, come tasselli di un puzzle, ogni pezzo va al suo posto, regalando al lettore una storia che riesce a mescolare in modo intrigante luoghi reali e fantastici, personaggi a tutto tondo legati a leggende millenarie o alla brillante e non scontata fantasia dell’autrice.
In Byelovodye quanto c'è di tuo e quanto è leggenda?
L.W.: La maggior parte è frutto della mia immaginazione, ma ho tratto alcune immagini dal luogo.-
Definire Nine layers of sky semplicemente un romanzo science-fiction è un po’ riduttivo. Questo romanzo ha infatti più sfaccettature e piani di lettura (già il titolo stesso ce lo suggerisce): sicuramente la presenza di varchi in un’altra dimensione e di mitiche figure del folklore e delle leggende russe e dell’Asia centrale ci trasporta subito in un contesto fantastico, ma il bello di questo libro è che non si ferma qui. Grazie all’esperienza diretta dell’autrice, facciamo anche un altro viaggio, nei territori e tra la gente di quello che era l’impero sovietico, da poco crollato. Viviamo il disagio della protagonista, russa in territori non più russi, straniera in patria. Attraverso lo sguardo soprattutto di Elena e di Ilya ci imbattiamo in considerazioni realistiche sulla vita di ogni giorno nell’ex Unione Sovietica, descrizioni precise di luoghi geografici, di abitudini quotidiane, di situazioni di vita.
Cosa ti ha colpito maggiormente di quei luoghi e di quegli anni?
L.W.: Tantissime cose, in particolare i cambiamenti che quella regione ha dovuto affrontare. La prima volta che vi andai si potevano fare chiamate internazionali solo tramite il centralino telefonico principale, che era un edificio. In seguito, quando ero lì a lavorare, c'era una cabina fuori del mio appartamento. I bancomat ora sono comuni, ma all'epoca ce n'era solo uno, all'Hotel Marco Polo.
Liz, il tuo libro è suddiviso in 9 parti, che richiamano gli strati del cielo del titolo, ma hanno qualcosa a che fare con i 9 gironi infernali?
L.W.: No, si tratta di una concezione sciamanica, secondo cui devi attraversare 9 strati di cielo per raggiungere l'altro mondo. C'è voluta una vita per decidere il titolo! L'ho ideato insieme al mio agente e all'editore. -
Quasi ogni capitolo termina con una sorta di rivelazione o con un fatto inatteso, che riesce a creare una notevole suspense. Abbiamo visto essere questo un tratto tipico dello stile dell’autrice, che in questo modo riesce a far scorrere veloce la lettura di circa 400 pagine.
Con una scrittura scorrevole ed evocativa, Liz Williams riesce a fornisci un quadro dell’Asia centrale (luogo cupo, pieno di fango e ghiaccio, inquinamento e corruzione, povertà e anelito a un passato più puro e eroico) e dei pensieri profondi dei suoi protagonisti senza essere melodrammatica. La sua prosa è disseminata di piccoli dettagli di vita delle repubbliche post-sovietiche, che descrive con passione, così come di numerose espressioni locali. Lo stile è indubbiamente evocativo nei passi in cui si dedica alla descrizione dell’altra dimensione. Il punto di forza dell’autrice a mio avviso risiede però nella capacità di creare suspense e un certo brivido lungo la schiena (confesso di aver sognato una rusalka a testa in giù fuori dalla mia finestra una notte… nonostante le precauzioni, riusciva a entrare in casa… mi sono svegliata in preda a una discreta paura!).
Come ho scritto, in questo libro realtà, mito e finzione sono fittamente intrecciati, e credo la sua forza risieda proprio qui. Da dove è nato il desiderio di scriverlo?
L.W.: Credo che volessi catturare qualcosa della mia personale esperienza e ricollegarla a quel territorio. Molti dei passaggi descrittivi sono il mio tentativo di dipingere la regione, come la ricordavo.
Quale aspetto di quel patrimonio inestimabile che è il folklore dell’Asia centrale ti ha colpito di più?
L.W.: In questo libro, il "supereroe" delle leggende russe. Più in generale, si tratta di una mitologia profondamente ricca e così diversa, ed è rappresentativa della molteplicità di quei popoli sotto l'ex vessillo sovietico.
Grazie ancora, Liz Williams!
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