- Caspita, su quale libro ha messo
le mani la ragazzina? – sbottò infine.
-
La storia del Diavolo di
Daniel Defoe, un libro che non si addice molto a una bambina – disse il signor Riley.
– Come è capitato tra i vostri libri, Tulliver?
Maggie
aveva l’aria ferita e abbattuta, mentre suo padre rispondeva:
- Ecco, è uno dei libri che ho
comprato alla svendita di Partridge. Erano tutti rilegati compagni: una bella
rilegatura, vedete, e così ho pensato che dovevano essere tutti dei bei libri.
C’è anche Vita e morte santa di
Jeremy Taylor; spesso la domenica ne leggo qualche brano. – il signor Tulliver
sentiva una certa familiarità con quel grande scrittore per via del nome,
Jeremy, che avevano in comune. – E ce ne sono molti altri di libri, sermoni per
lo più, credo; ma avevano tutti la stessa copertina, e ho pensato che erano
tutti dello stesso stampo, per così dire. Ma a quanto pare non bisogna
giudicare dalle apparenze. Che mondo ingarbugliato è questo.
- Bene, - disse il signor Riley
condiscendente, ma in tono di ammonizione, dando dei colpetti affettuosi sulla
testa di Maggie, - ti consiglio di mettere da parte la Storia del Diavolo e di leggere qualche libro più carino. Non hai
dei libri più carini?
George Eliot, Il Mulino sulla Floss, introduzione di
Nadia Fusini, traduzione di Silvia Nono, L’Espresso, Milano, 2004.
Eh sì, pare proprio che la frase
idiomatica, divenuta poi celebre nella forma Don’t judge a book by its cover, sia stata formulata per la prima
volta nel 1860 ne Il mulino sulla Floss
di George Eliot, pseudonimo di una delle mie scrittrici preferite: « they 've
all got the same covers, and I
thought they were all o' one sample, as you may say. But it seems one mustn't judge by th' outside. This is a puzzlin'
world.»
Ma alzi la mano chi non sceglie i
libri anche solo per le loro copertine. La copertina è la prima cosa che ci
colpisce, che ci cattura e che ci spinge a indagare meglio.
Un tratto come un taglio di lama, e l’inchiostro
impregna il foglio. I contorni si estendono, un sorriso diviene beffardo, la
lingua si biforca, i capelli raggiungono apici ramiformi. Soprattutto il nero e
il rosso, e tutte le loro sfumature. Creature bellissime che danzano con la
morte. Vascelli fantasma e dimore diroccate, sospese tra acqua e nebbie.
Daniele Serra è un illustratore e
fumettista cagliaritano, vincitore del British
Fantasy Awards nella categoria Best
Artist grazie alle sue indimenticabili copertine per libri fantasy e horror. I suoi lavori sono pubblicati in tutta Europa, in
Australia, negli Stati Uniti e in Giappone. DC Comics, Image Comics, Cemetery
Dance, Weird Tales magazine, PS Publishing tra gli editori con cui ha lavorato.
Mi ha colpito dal primo istante in
cui ho visto una sua copertina, così ho voluto saperne di più. E quello in cui
mi sono ritrovata è un mondo incredibile e bellissimo.
Nel 2012, Daniele Serra ha
realizzato un romanzo a fumetti insieme a Marcello Fois, Carne,
edito da Guanda e di recente, nell’ultima
edizione di Lucca Comics, c’è stata la presentazione di Fidati è amore, di Joe R. Lansdale e Daniele Serra edito da BD:
«Nello scenario di un Natale
maledetto, si compie la parabola di un amore sinistro e doloroso, che lega due
amanti come una droga. Una storia d’amore e incubo, poesia e decadenza,
passione e morte».
Sul suo sito potete farvi un’idea della sua
opera, ormai davvero corposa, e scoprire tutti gli autori con cui ha
collaborato nel corso della sua carriera.
Daniele,
anzitutto complimenti per il tuo lavoro. Quando mi trovo difronte a creazioni
artistiche che mi emozionano, mi stupisco e mi chiedo sempre da dove nasca
l’urgenza creativa che le ha generate.
D.S.: Ti ringrazio per la
tua gentilezza. Penso che l’urgenza creativa mi accompagni da sempre, ho sempre
sentito la necessità di creare qualcosa, esprimere i miei sentimenti e cercare
di comunicare attraverso la creazione artistica. Ecco, penso che il desiderio
di dare forma ai miei pensieri attraverso il disegno sia la scintilla che mi
porta a disegnare, forse la motivazione è legata al fatto che spesso fatico a
esprimermi con le parole, sono timido e nel disegno trovo invece la possibilità
di essere me stesso in completa libertà. Un’altra ragione per cui mi piace
disegnare è la possibilità che mi dà di studiare e sviluppare gli aspetti
emozionali e simbolici che è possibile trasmettere attraverso la creazione
artistica.
Come
ha avuto inizio la tua carriera d’illustratore?
D.S.: Dopo aver lavorato
per sette anni come graphic designer ho deciso di licenziarmi e intraprendere
la strada dell’illustrazione. Ho sempre disegnato fin da molto piccolo ma non
pensavo sinceramente che potesse diventare la mia professione. Invece, grazie
al lavoro come grafico ho potuto crescere da un punto di vista professionale
fino a decidere di prendere la scelta di propormi alle case editrici come
illustratore e lasciare il mio vecchio lavoro. Gli inizi sono stati complicati,
tante porte chiuse in faccia, poche possibilità di lavoro, ma a poco a poco le
cose sono migliorate e sono riuscito a trovare la continuità lavorativa
soprattutto in U.S.A. e in Inghilterra. Diciamo che la svolta è avvenuta quando
ho firmato un contratto con la DC Comics, in quel momento ho capito che forse
avevo fatto la scelta giusta e l’illustrazione poteva diventare la mia
professione.
Che
cosa, in particolare, ami rappresentare?
D.S.: Amo e cerco di
rappresentare soprattutto l’aspetto intimo delle cose. Di qualsiasi cosa cerco
sempre di metterne “a nudo” lo spirito, o almeno questo è quello che vorrei
fare. Sicuramente le figure eteree femminili e i paesaggi oscuri sono molto
presenti nei miei lavori ed effettivamente adoro disegnarli! Ultimamente mi sto divertendo molto a
disegnare gli alberi e gli scorci cittadini. Spesso il soggetto viene in
secondo piano perché la mia attenzione si concentra sulle luci e le ombre e sul
significato che il soggetto può prendere tramite queste ultime. E’ anche vero
che lavorando su commissione spesso non ho possibilità di scegliere il soggetto
e ciò è altrettanto interessante perché mi permette di sperimentare soluzioni e
soggetti che altrimenti probabilmente non disegnerei.
E
quando hai ricevuto il British Fantasy
Awards? Cos’hai provato? Che cosa è cambiato, dopo?
D.S.: E’ stata una grande
emozione, devo ammettere che ricevere un premio così importante è stata una
bella iniezione di fiducia e una soddisfazione. Penso che sia stato un momento
importante nel corso della mia carriera perché avere un riscontro di quel tipo
da persone del settore letterario e artistico oltre a far piacere, permette di
aprire nuove possibilità lavorative, collaborazioni e una percezione da parte
delle case editrici di maggior professionalità e serietà. Ad ogni modo da parte
mia continua la ricerca e lo studio verso un premio diverso e per me molto
importante: riuscire a rendere su carta quello che ho nella mia testa. Sono molto lontano da quello
che effettivamente vorrei ottenere con le mie illustrazioni e forse non
riuscirò mai a raggiungere la meta. Ma probabilmente è meglio così.
Come
nasce la copertina di un libro?
D.S.: La nascita di una
copertina e il metodo di lavoro dipende molto dall’editor col quale collaboro,
lavorando per varie case editrici capita che a volte ci sia già un’idea forte
da parte dell’editor o dello scrittore oppure capita che mi venga data solo una
sinossi della storia e completa carta bianca. Comunque in ogni caso, a parte i
differenti input esterni, eseguo sempre degli sketch a matita che faccio
visionare all’editor, se il disegno viene accettato procedo a lavorare sulla
copertina vera e propria. Ultimamente come tecnica sto utilizzando l’acquerello
che mi permette di essere più veloce rispetto ad esempio alla pittura a olio
che utilizzo più raramente. Come ho già accennato penso sia molto interessante
lavorare su commissione perché hai la possibilità di metterti in gioco ogni
volta, sei “costretto” a disegnare determinati soggetti e ciò ti permette di
crescere professionalmente e artisticamente.
Come
lavori, invece, a un fumetto?
D.S.: Il fumetto e
l’illustrazione sono due mondi molto differenti, l’illustrazione è un’unica
immagine che deve creare un’emozione, uno stato d’animo, mentre il fumetto è
un’arte sequenziale dove probabilmente il disegno viene in secondo piano
rispetto allo storytelling. Detto ciò, per quanto riguarda il fumetto dipende
se lavoro insieme a uno sceneggiatore che mi fornisce la sceneggiatura
dettagliata oppure se mi occupo io di adattare una storia a fumetto. Nel primo
caso faccio le tavole a matita che vengono visionate dallo sceneggiatore e a
seguire procedo con l’inchiostrazione e il colore, se invece mi occupo io
dell’adattamento a fumetto disegno uno storyboard che mi permette di
visualizzare come verranno le pagine. Per quanto riguarda lo stile utilizzato e
la tecnica dipende dal tipo di storia alla quale sto lavorando, comunque in
genere uso o il pennino e la china e la colorazione ad acquerello, oppure per
le storie più oniriche utilizzo solo l’acquerello senza inchiostrazione.
E
come nasce l’artwork per un CD? L’ultimo
che hai realizzato è per l’omaggio ai
Novembre,
band romana che conosco musicalmente (una volta sulle scalinate di Piazza di
Spagna scambiai anche due fugaci parole con il loro vocalist, Carmelo Orlando).
D.S.: Anche per quanto
riguarda l’artwork di un CD dipende molto dal committente, finora più o meno è
sempre capitato che i gruppi o la casa discografica avessero un’idea più o meno
precisa di quello che la cover dovesse comunicare, quindi ho lavorato su parole
chiave o temi specifici. Raramente ascolto la musica perché spesso nel momento
in cui si lavora alla copertina la band sta registrando l’album quindi non ci
sono ancora i pezzi finiti da poter ascoltare. Nel caso della compilation
omaggio ai Novembre, l’etichetta mi ha spiegato che voleva qualcosa di marino
legato alle sirene e su questa base ho lavorato. Spero in futuro capiti ancora
di realizzare artwork per gruppi musicali, trovo il connubio musica e
illustrazione molto interessante e stimolante. Soprattutto quando viene
stampato il vinile è sempre una grande emozione perché l’immagine in formato
grande è spesso ancora più emotivamente coinvolgente.
Ho
visto che una tua intervista è apparsa anche su una rivista di musica estrema, Zero Tolerance Magazine. Qual è il tuo
rapporto con la musica?
D.S.: Ho un rapporto
molto stretto con la musica, infatti ho sempre suonato e ascolto da sempre
tantissima musica. Quando lavoro ho sempre una colonna sonora in sottofondo e
cerco sempre di tenermi aggiornato sui nuovi gruppi. Nonostante mi capiti di
lavorare per band legate al metal non ascolto molto questo genere, preferisco
il dark ambient, l’industrial e il post rock. Insieme alla letteratura e al
cinema è la più grande fonte di ispirazione per i miei lavori.
Che
cosa consigli a un aspirante illustratore?
D.S.: Penso che gli
aspetti più importanti se si vuole intraprendere questo lavoro siano avere una
grande passione, grande dedizione e sviluppare una buona professionalità. Bisogna
essere consci del fatto che il talento non basta, spesso è più importante
rispettare le scadenze, sapersi mettere in gioco e accettare le critiche. Detto
ciò, mai darsi per vinti e mai perdere l’entusiasmo!
Puoi svelarci a
cosa stai lavorando ora? Ci saranno a breve altre occasioni d’incontri
pubblici, presentazioni?
D.S.: Al momento sto
lavorando a un libro illustrato con la scrittrice inglese Alison Littlewood e a
una graphic novel con lo sceneggiatore giapponese Yoshiki Takahashi. Forse a
breve ci sarà un mini tour di presentazioni per l’uscita della versione
italiana del fumetto “Fidati, è amore” scritto da Joe R. Lansdale, ma è ancora
da definire.
Ti ringrazio
davvero tantissimo di aver inaugurato questa nuova “stanza” della Fucina. A te
anche la prima delle Diaboliche Domande che concludono le Diaboliche
Interviste:
Immagina di essere
un mitico fabbro. Hai il potere di forgiare qualcosa che ancora non esiste e di
renderlo reale: a cosa daresti vita?
D.S.: Sarebbe molto
comodo il pennello che non si consuma mai.
Grazie Daniele!
Finalmente l'ho letta! Brava, bella intervista!
RispondiEliminaGrazie Stefania! Leggo sempre con piacere i tuoi apprezzamenti!
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