Haunt-tech: un’altra
invenzione geniale di Liz Williams. Si tratta di una tecnologia davvero
affascinante e terrifica allo stesso tempo. Sa quasi di arcana magia più che
tecnologia… Inoltre, rientra tra quei termini-sfida per il traduttore. Da un
lato, si potrebbe lasciare non tradotto (siamo ormai avvezzi a termini
inglesi). A mio avviso però, lasciandolo così, potrebbe non essere restituito
del tutto il valore del termine, anche se chi legge magari conosce bene
l’inglese. Io lo traduco con “tecno-infestazione”. Il congegno della
tecno-infestazione funziona quasi come uno strumento musicale:
Usa il suono per evocare l’insieme di particelle dello
spirito, per chiamarle dal Regno di Eldritch [= regno dei morti] e
riassemblarle” (p. 105).
In questo modo è possibile infestare anche oggetti
particolari, che “vivono” poi di vita propria, come ad esempio l’armatura che
indossa Sogni-Di-Guerra.
Liz, come è nata l'idea della
"tecno-infestazione"? Qualcosa in particolare ti ha ispirato?
L.W.: Sicuramente avere a che fare con l'ambiente
medico e l'unità neurologica hanno avuto i loro effetti, ma volevo che vi
fosse anche un elemento di magia nera.
(Considerando il suo dottorato in filosofia della
scienza è d'obbligo la domanda:)
In che modo i tuoi studi in epistemologia ti aiutano a
scrivere science fiction?
L.W.: La nostra comprensione di cosa sia la scienza,
del modo in cui possiamo conoscere sorregge sempre ciò che scrivo. Come molti
laureati in filosofia, mi interrogo su tutto: da dove vengono le nostre idee?
Cos'è che costituisce una prova? In che modo possiamo avanzare delle pretese
sulla conoscenza? Tutto questo può non apparire in modo evidente nella mia
opera ma sicuramente ne è elemento formante.
Traduco l'inizio di Banner of Souls:
Sogni-Di-Guerra
stava cacciando i resti degli uomini lungo i pendii dell’Olympus, su Marte,
quando s’imbatté nella mandria di spettri. L’armatura si irrigidì
all’avvicinarsi della mandria, bisbigliando cautela all’orecchio di
Sogni-Di-Guerra, ma inizialmente la guerriera pensò che la stesse mettendo in
guardia dalla presenza di uomini, hyenae, forse, o vulpen, o altre creature
appartenenti ai Mutati. Si girò, attivando gli aculei a mano dell’armatura, ma
non c’era nulla. I freddi pendii focati si estendevano in lontananza, sgombri
di ogni cosa tranne che di arbusti sparsi, e si poteva scorgere qualcosa di
simile a una vita del deserto concentrarsi intorno ai canali e alle fogne.
Lontano all’orizzonte, la colonna della Torre di Memnos puntava in alto,
visibile solo ora contro un cielo che si oscurava. Sogni-Di-Guerra divenne
cupa. L’armatura rimase in allerta, con le spine da istrice che si formavano e
riformavano mentre si muoveva.
‘Cosa?’
Sogni-Di-Guerra disse a voce alta, con impazienza.
‘C’è qualcuno
qui’. Rispose l’armatura. A volte parlava con la voce della guerriera che
l’aveva impressa per prima, altre invece la voce sembrava più simile a quella
di Sogni-Di-Guerra. Questo era il problema con la tecno-infestazione: non si
era mai sicuri di cosa fosse davvero reale. E forse non ci si poteva aspettare
nulla di diverso da qualcosa che era stato fornito da alieni.
‘Non vedo
nessuno’. Disse Sogni-Di-Guerra.
‘Eppure
qualcuno c’è’. Insisté l’armatura.
Stavano
sorgendo dal suolo, prendendo forma dalla polvere e dalla terra
solidificatasi, divenendo ben presto delineate e reali. Ce n’erano
venti o forse più: donne con lunghi corni e gambe inclinate all’indietro,
malgrado la posizione eretta. I loro occhi erano rossi, con strette pupille che
ardevano d’oro – una fiamma all’interno di carboni. Osservavano Sogni-Di-Guerra
con una sorta di placida curiosità, nonostante i loro occhi da demone, e
agitavano le lunghe code affusolate.
Sogni-Di-Guerra
rimase di ghiaccio. Erano più che illusioni. Poteva percepire il loro odore:
l’odore di distese erbose morte da tempo, fumo di legna, e sangue. Odoravano di
preda. Come se avesse intuito il pensiero nella sua mente, la mandria si girò
compatta e iniziò a correre, muovendosi rapida lungo il pendio finché non fu
ingoiata dal crepuscolo crescente. I loro piccoli zoccoli non producevano alcun
suono. Si muovevano in silenzio, per poi scomparire del tutto.
Sogni-Di-Guerra
le seguì con lo sguardo, sentendosi sciocca. Avrebbe dovuto fare almeno un
tentativo per catturarle.
Disse a voce
alta: ‘E’ dai tempi antichi che non si vedevano queste creature su Marte. Ho
visto gli archivi. Vagavano per la Pianura del Cratere. Nessuno sa chi le ha
create, quale laboratorio, o perché.’
‘Erano morte da
tempo anche ai miei giorni’. Osservò l’armatura – anch’essa vecchia di cento
anni – con una traccia di malinconia.
‘Spettri di
mille anni’. Sogni-Di-Guerra rifletté. ‘Ma perché sono apparsi ora? Credo che
Memnos debba esserne avvisata. Dovremmo tornare’. Parlò con riluttanza. Non le
piaceva uscire per una caccia e tornare a mani vuote, e questa sarebbe stata la
sua ultima opportunità. Presto sarebbe stata inviata sulla Terra, che ora
brillava sopra di lei nel cielo, blu come un occhio. Si poteva scorgere anche
la fauce della Catena: uno scintillio sfocato sulla superficie del mondo. Pensò
a lanciarsi nella fauce, per riuscirne fuori sopra a quella stella blu… altra
tecnologia aliena. Un labbro di Sogni-Di-Guerra si arricciò.
La prospettiva
di quel viaggio fu tuttavia sostituita dal pensiero degli uomini-resti che
l’aspettavano tra le rocce. Questo la irritava. Poteva percepirlo anche da
dentro l’armatura: un sentimento selvaggio, un bisogno di uccidere, di carne e
di morte. Non aveva individuato nessuna preda reale per tutto il giorno, solo
spettri e piccole creature della pianura, e aveva pensato che la notte avrebbe
potuto darle un’opportunità. I vulpen, almeno, sgusciavano fuori dalle loro
tane dopo il tramonto, in cerca di uccelli dattilati che costituivano la loro
alimentazione principale.
Con un sospiro,
Sogni-Di-Guerra represse l’impulso di proseguire. Si rimise in viaggio,
allontanandosi dal lungo pendio coperto di pietre, verso la pianura, dove
l’attendeva la Torre di Memnos.
A proposito di questo personaggio, immagino sia un
problema solo mio se ogni volta che leggo il suo nome (in originale,
Dreams-of-War) subito mi parte nel cervello Enter Sandman dei Metallica
(“Dreams of war, dreams of liars, Dreams of dragon's fire And of things that
will bite…”)?
L.W.: Non
conosco nessuna loro canzone infatti! E' una coincidenza, però è divertente.
Il mio
personaggio preferito èYskatarina, il tuo qual è?
L.W.: Adoro
Sogni-di-Guerra, che in realtà è un po' ottusa. Preferisce lo scontro alla
discussione! Mi sono divertita a scrivere su di lei.
Mi soffermerò su un personaggio in particolare, ovvero
su Yskatarina Iye. Devo ammettere che ho trovato questa parte piuttosto
disturbante... Traduco dunque il secondo sotto-capitolo del primo capitolo (pp.
6-10):
Yskatarina Iye
era stata chiamata così per i suoni che aveva emesso emergendo dalla
guaina-sviluppante: prima un sibilo, poi un grido. Una figlia dei clan
laboratorio, cresciuta nella Torre Fredda di Nightshade, alla fine della Catena
e al limite del sistema solare: un luogo davvero distante dal sole.
Il suo nome –
quello da bambina, non l’appellativo del suo clan di Nightshade – si rivelò
difficile da rimuovere, e Yskatarina l’aveva così mantenuto anche in età
adulta, insieme all’Animus che cresceva accanto a lei in un bozzolo non più
grande di una libellula. L’Animus, generato dall’antica progenie genetica del
clan esattamente come era accaduto per Yskatarina, non aveva alcun nome.
Yskatarina aveva provato a dargliene uno, ma nessuno sembrava adattarglisi.
Sin da quando
era piccola, sua zia Elaki le aveva detto quanto fosse fortunata ad avere un
Animus: le donne degli altri pianeti non potevano essere unite a un maschio,
dal momento che ne rimanevano così pochi e per di più inferiori. Era una
fortuna, Yskatarina lo sapeva, che le Anziane di Nightshade cercassero ancora
di tornare a come era prima, quando uomini e donne camminavano per il mondo
insieme, quando entrambi i generi vivevano in armonia, cercando il proprio
altro sé. E l’Animus non era un maschio umano (il genere maschile si era
rivelato troppo debole), ma qualcosa di meglio.
Il suo Animus
le sussurrava all’orecchio mentre dormiva, e durante tutta la lunga malattia
che aveva segnato la sua infanzia: sogni deliranti, feroci inquietudini e
infestazioni modificate che le avrebbero consentito di non soffrire quando
l’ora sarebbe giunta, ma anzi, di darle il benvenuto. Aveva trascorso l’eterna
notte di Nightshade con l’Animus accovacciato accanto alla branda come un ragno
mormorante, che tesseva reti di parole.
La
trasformazione per poco non la uccise. Sua zia le aveva spiegato che l’avrebbe
resa più forte, ma Yskatarina non capiva cosa significasse “trasformazione”.
‘In cosa
devo essere trasformata?’ aveva chiesto a Elaki. Ma la zia si era limitata a
risponderle ‘Vedrai’.
Quando il
momento giunse, Yskatarina, piccola sagoma frastornata, giaceva nell’oscurità
scintillante della matrice a ultravioletti mentre l’engramma eseguiva la sua
riscrittura: un processo di modifica alchemica difronte cui lei era
completamente inerme.
I raggi
ultravioletti si spensero in uno scintillante cubo di aria. Yskatarina sbatté
gli occhi, svegliandosi. Si sentiva come se fosse stata strizzata lungo
un’enorme distanza, dilaniata attraverso resti di soli roventi. C’era un odore
di fuoco e una terribile tristezza, un peso. Tentò di sollevare la testa, ma
sembrò troppo grande per il suo fragile collo. Qualcuno si curvò sopra di lei.
Yskatarina alzò lo sguardo, ma ci vollero alcuni istanti prima che la strana
figura che le fluttuava davanti si solidificasse in tratti umani.
Vide un lungo
volto, le guance rigonfie in borse piene di vene ai lati di un sottile naso
adunco. La pelle era liscia, levigata in modo innaturale, e riluceva come
porcellana. Gli occhi erano posti in profondi incavi e iniettati d’oro. I
capelli erano ariosi: di un colore nero-sporco, attorcigliati in sottili
riccioli che uscivano fuori da un alto cappello.
Poi la visione
di Yskatarina cambiò e si accorse che si trattava di sua zia Elaki che la
scrutava dall’alto. Eppure, per un momento le era sembrato che ci fosse qualcun
altro a guardare dagli occhi di Elaki, qualcuno che aveva gridato con orrore.
‘Tu?’. Strillò
Elaki.
‘Zia?’. La sua
voce risuonò fievole, un lieve gracidio. Elaki si allungò e la scrollò.
‘Sei tu, non
è vero? Ti riconoscerei ovunque’.
‘Zia, cosa c’è
che non va?’. Qualcosa si dimenò nella testa di Yskatarina, rifuggendo dalla
rabbia di Elaki, scavando in profondità, per nascondersi nei remoti canali
della mente della ragazza.
Il volto di
Elaki divenne assorto e algido, come se avesse raggiunto una decisione
cruciale. Si voltò e parlò a qualcuno invisibile agli occhi di Yskatarina,
forse l’Animus Isti, che la seguiva sempre.
‘Prepara la
matrice di nuovo. Ci sono delle modifiche da fare, ancora’.
L’oscurità si
diffuse sopra Yskatarina come un’ala. Ci fu una sensazione di squarcio, di
lacerazione, un fulmine saettò nella sua testa. Le sembrò di essere spaccata in
due, e il dolore la mandò urlante giù nell’abisso.
Rimase priva di
sensi per un lungo periodo. Finalmente, riemergendo da quell’incoscienza, si
ritrovò non più nella stanza degli ultravioletti, ma nella sua camera. Si
sentiva la testa come una grande sacca bollente, troppo pesante da alzare.
Sollevò una mano per toccarsi la fronte, ma non accadde nulla. Spaventata,
Yskatarina cercò di muovere le sue braccia e le sue gambe. Non vi fu alcuna
sensazione. Chiamò con un grido Elaki.
‘Ah! Sei
sveglia’. Disse la zia, entrando di fretta.
‘Non riesco a
sentire le mie braccia, e le mie gambe!’.
Elaki posò una mano umida sulla fronte di Yskatarina.
‘E’ perché non
ci sono più, temo. Sei stata affetta da una rara infezione meningea dopo il
processo di trasformazione, e i tuoi arti sono stati danneggiati dalla
cancrena. Siamo stati costretti a rimuoverli’.
‘Zia?’.
Sussurrò Yskatarina, piena di terrore e sotto shock.
‘Costruiremo
dei nuovi arti per te’. Promise Elaki. Il suo volto si addolcì in modo quasi
impercettibile, ma c’era qualcosa dietro ai suoi occhi che agitò Yskatarina
oltre misura. ‘Arti migliori. Dunque non fare tante storie’.
Quando Elaki
uscì dalla stanza, Yskatarina spostò lo sguardo vitreo in cerca dell’Animus
sopra di lei, in forma di crisalide. Pendeva dal soffitto del laboratorio come
un’immobile forma nero-argentea, appesa a un pezzo d’osso sviluppante. Dopo la
sua esperienza, Yskatarina non si aspettava che l’Animus ne emergesse vivo,
invece lo fece, sgusciando fuori da quel che restava della crisalide: aracnide,
scorpioneo, malevolo.
Yskatarina
seppe allora che non c’era nulla che non avrebbe fatto per tenere l’Animus
accanto a sé. Non erano forse stati sempre insieme? E dopo la spaventosa
esperienza della trasformazione, l’Animus era l’unico essere su cui poteva fare
affidamento.
Ci fu anche
un’altra modifica. Prima, Yskatarina aveva timore di sua zia: temeva il tocco
delle sue mani pallide e paffute, odiava il modo in cui i suoi grandi occhi la
guardavano con quel gelido calcolo. Dopo la trasformazione, tuttavia, divenne
consapevole di quanto amasse sinceramente Elaki. Questo sentimento la
sopraffaceva. Rabbrividendo, si sedette sulla branda, piena di nostalgia, e
quando Elaki tornò nuovamente a trovarla, gettò le sue nuove braccia intorno alla
figura velata della zia. Elaki la allontanò con un sussulto.
‘Devi imparare
a manovrare i tuoi arti con più attenzione, Yskatarina. I servomeccanismi sono
potenti’.
‘Grazie zia. Grazie’.
Ma non avrebbe saputo dire per cosa stesse ringraziando Elaki. Le venne in
mente, in modo indistinto, che questo avrebbe dovuto infastidirla, ma in
qualche modo lo ignorò.
Un altro
estratto che voglio proporvi è quello che vede Sogni-Di-Guerra aggirarsi in un
mercato della carne sulla Terra. Diciamo che non è il tipico mercato dove di
solito facciamo spesa… (p. 147):
Il pavimento
era reso scivoloso dal sangue nero che sgocciolava dalle carcasse appese a
griglie uncinate attaccate al soffitto. Sogni-Di-Guerra alzò lo sguardo e vide
dei cilindri di carne: torsi senza testa attaccati a bulloni di metallo. Ogni
torso terminava con un troncone levigato. Erano cose cresciute in taniche, vive
solo nel senso più crudo del termine, sviluppatesi in vasche che ricoprivano il
tetto del mercato e poi tirate fuori per essere dissanguate e macellate.
Sogni-Di-Guerra si domandò in modo distratto che tipo di animali fossero stati
in origine, quale combinazione di geni fosse stata mescolata per ottenere
queste enormi salsicce di carne, dall’aspetto non uniforme: alcuni cilindri
erano scuri e chiazzati, con pallide striature di grasso, mentre altri erano
composti di una carne bianca traslucida, con venature simili agli anelli degli
alberi. Un sottile rivolo di sangue scorreva in un canale sotterraneo rialzato,
che portava a una fila di vasche.
Questo mercato della carne mi ha subito richiamato
alla mente quello presente (seppur in misura minore, c’è giusto un accenno) nel
precedente libro di Liz Williams, Nine Layers of Sky. Hai per caso
un'attrazione particolare per questo tipo di posti?
L.W.: In realtà
non ho un particolare interesse per questi posti. Ne ho visitato uno a Hong
Kong, un'esperienza piuttosto agghiacciante, e poi ho visitato anche il mercato
principale di Almaty, Kazakhstan, che è quello in Nine Layers.
Ne approfitto
per dire che dedicherò il prossimo post proprio a Nine Layers of Sky.
Tornando a BoS,
in che modo è connesso con Winterstrike, tuo romanzo del 2008?
L.W.: In realtà
Winterstrike è un prequel. E' ambientato nello stesso mondo ma
molto tempo prima. Mi diverto a scrivere di Marte e probabilmente scriverò
anche qualche racconto con questa ambientazione.
Leggo sempre i tuoi post su Facebook e so che
lavori sempre a qualcosa di nuovo. Puoi darci qualche anticipazione?
L.W.: Sto
lavorando all'ultimo (per ora) romanzo sull'Ispettore Chen, e anche su una saga
familiare ambientata nel Somerset, che ha dei forti elementi fantastici. E'
qualcosa di completamente diverso!
Liz Williams,
grazie mille della tua gentilezza e disponibilità, il prossimo post è ancora su
una tua fantastica creatura!
I brani che ho letto sono affascinanti! Quando una formazione filosofica e scientifica si unisce a una creatività così spiccata i risultati sono sempre notevoli. Aspetto il prossimo...Grazie di questa bella scoperta!
RispondiEliminaOttima osservazione! Sono contenta ti sia piaciuto questo libro. A breve pubblicherò un post su un altro libro di Liz Williams e poi sto già lavorando al prossimo autore!
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